Diferencia entre revisiones de «Takayama Ukon»

De martyres
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1573 si batté in duello con Wada Aigiku Korenaga, che morì una settimana dopo a causa delle ferite riportate. Questo duello, in cui anche Ukon riportò delle ferite, rappresentò il punto di svolta nella sua vita, facendolo riflettere sul senso dell’esistenza.
1573 si batté in duello con Wada Aigiku Korenaga, che morì una settimana dopo a causa delle ferite riportate. Questo duello, in cui anche Ukon riportò delle ferite, rappresentò il punto di svolta nella sua vita, facendolo riflettere sul senso dell’esistenza.


(p. 178)
(p. 178) Ukon rimase profondamente affascinato dai corsi di dottrina cristiana che il p. Francisco Cabral tenne nel 1574 a Takatsuki e così poté accogliere il messaggio evangelico. Ebbe poi una conversione profonda, quando prese coscienza del sacrificio del Signore per la salvezza di tutti per gli uomini. Fu questa prima conversione a fare di lui un missionario, annunciatore di Gesù Cristo, e uno tra i più grandi promotori dell’evangelizzazione del Giappone.
La sua fede fu messa alla prova quando il signore feudale Ara- ki Murashige suscitò la rivolta contro un altro signore feudale, Oda Nobunaga. Ukon si trovò nel dilemma di scegliere a quale dei due signori sottostare. Per dimostrare la sua fedeltà ad Ara- ki, gli aveva dato in ostaggio la sorella e il figlio maggiore, ma Oda, nel frattempo, lo minacciava di distruggere le chiese e di crocifiggere i padri missionari, se non avesse aperto il castello di Takatsuki. Prima di prendere una decisione, Ukon si ritirò in preghiera e poi fece qualcosa di inconcepibile per un guerriero: invece di gettarsi nella battaglia, cercò di limitare le perdite il più possibile e di risolvere la questione in maniera pacifica. Presen- tandosi disarmato a Oda, rinunciò a difendere se stesso e si mise completamente nelle mani di Dio10.
La presa di coscienza del dilemma in cui si trovava e il senso di impotenza che aveva sperimentato fecero crescere in lui la fiducia in Dio, rendendolo sempre più capace di rinunciare alla sua posizione, e al suo onore e alla sua esistenza stessa. Lo trasformarono da uomo abituato a lottare come un eroe fino alla morte in un uomo disposto a offrire se stesso per gli altri, capace di amare secondo l’esempio di Gesù Cristo.
Grazie a questa sua seconda conversione, Justus Takayama Ukon divenne un missionario che riusciva a convincere non soltanto con le parole e con le opere esteriori, ma anche con la condotta di vita. Così dava onore al suo nome, «Giusto», con cui a dodici anni era stato battezzato. A motivo di questa sua testimonianza, i pagani chiamarono il cristianesimo la «legge di Takayama».
10. Cfr «Relazione del p. Pedro Morejon sulla vita di Justus Takayama Ukon», in Jap. Sin. 46, ff. 365-374 (Archivum Historicum Societatis Iesu).

Revisión del 15:21 4 may 2022

Takayama Ukon, Justo: Mártires del Japón.

Perfil biográfico leído en su beatificación P. 12 y 14 en inglés: nació probablemente en 1552 en el distrito de Takayama, Toyono-cho, Osaka, 3 años después de que san Francisco Javier introdujera el cristianismo en Japón. Era de familia noble, del daimyo, señores por debajo del shogun. Los Takayama poseían vastas tierras y tenían permiso para llevar armas. Recibieron a los misioneros cristianos, apoyando sus actividades y actuando como sus protectores. El siervo de Dios se hizo cristiano a los 12 años y recibió en el bautismo el nombre de Justo. Favoreció en su feudo a los que se hicieron cristianos, el más prominente de los cuales fue san Pablo Miki. En 1587, el kampaku Toyotomi Hideyoshi comenzó a perseguir a los cristianos, expulsando a los misioneros y presionando a los japoneses para que renunciaran a su fe. Muchos abjuraron. Pero Takayama, y su padre Darío, prefirieron renunciar a honores y propiedades, sufriendo la deportación a Kanazawa, para poder permanecer fieles al evangelio de Cristo.

Durante este tiempo, el siervo de Dios sobrevivió gracias a que sus amigos aristócratas le pudieron proteger, y continuó su labor de evangelización. En 1597 la persecución se volvió muy fuerte. 26 católicos, tanto extranjeros como japoneses, fueron crucificados. Pero incluso a la vista de tan trágico evento, y a pesar del creciente riesgo de perder sus vidas, los Takayama se negaron a abandonar su fe. En 1614, el gobierno del Edo prohibió completamente el cristianismo. El Siervo de (14) Dios fue deportado primero a Nagasaki, y desde allí marchó al exilio. Condujo a un grupo de 300 católicos a Filipinas. Llegaron en diciembre y se establecieron en Manila. Allí los acogieron calurosamente los jesuitas españoles, cuyo líder sugirió que los católicos prominentes podrían asociarse para derrocar al shogun. El siervo de Dios, sin embargo, se opuso a ese plan.

Con la persecución y el exilio, Takayama experimentó la humillación y los malos tratos. Pero nunca traicionó sus creencias, permaneciendo firme en su compromiso con Cristo. Eligió seguir el camino del Mártir del Gólgota, un camino de pobreza y humillación. El exilio minó sus fuerzas y murió tan solo dos meses después, el 3 de febrero de 1615. Su muerte fue resultado directo de la inanición, las privaciones, la hostilidad y la violencia que la explícita persecución anticristiana desató en Japón.

El siervo de Dios estaba bien preparado para el martirio final. Era una persona de intensa espiritualidad, humilde y creyente, celoso y lleno de caridad. Lo enterraron en la capital de Filipinas, donde aún hoy una majestuosa estatua le rinde honor. De hecho, los filipinos le consideran una especie de segundo evangelizador, como extranjero inocente que, de resultas de una injusta persecución, llegó desde lejos para confirmar a sus hermanos. Su vida es un ejemplo de gran fidelidad a la vocación cristiana, y de perseverancia a pesar de las muchas dificultades que afrontó.

Carta apostólica de beatificación: Roma, 7 de febrero de 2017.

Positio de su causa de beatificación (introducción).

Artículo de Anton Witwer en Civiltà Cattolica: Archivo:WITWER.pdf

Resumen: (p. 175) SFJ captó como uno de los valores principales de los japoneses la fidelidad (el valor que se da a la estima que los demás tengan de uno, y en particular los jefes, por los que se está dispuesto a dar la vida). En su momento, al comprender que Dios es señor, puede aparecer un conflicto de fidelidades.

(p. 176) SFJ en los ejercicios comprendió la importancia de la crucifixión de Jesús: para él la misión implicaba exponerse al martirio él mismo

(p. 177) y a ver a otros expuestos a injusticias sin poder intervenir en su favor. Esto siempre lo llevó dentro de sí como una profunda herida. También Takayama reconoció en la Pasión de Cristo el centro de la vida cristiana:

Nel 1563 Ukon, ancora adolescente, con il battesimo era diventato cristiano, ma era ancora molto lontano dall’esserlo davvero. Senza aver ricevuto un vero insegnamento del- la fede cristiana, egli viveva seguendo l’esempio dei suoi genitori e rimaneva condizionato dalla mentalità del tempo, cioè quella del guerriero, fondata sul diritto del più forte. Con questo spirito, nel 1573 si batté in duello con Wada Aigiku Korenaga, che morì una settimana dopo a causa delle ferite riportate. Questo duello, in cui anche Ukon riportò delle ferite, rappresentò il punto di svolta nella sua vita, facendolo riflettere sul senso dell’esistenza.

(p. 178) Ukon rimase profondamente affascinato dai corsi di dottrina cristiana che il p. Francisco Cabral tenne nel 1574 a Takatsuki e così poté accogliere il messaggio evangelico. Ebbe poi una conversione profonda, quando prese coscienza del sacrificio del Signore per la salvezza di tutti per gli uomini. Fu questa prima conversione a fare di lui un missionario, annunciatore di Gesù Cristo, e uno tra i più grandi promotori dell’evangelizzazione del Giappone. La sua fede fu messa alla prova quando il signore feudale Ara- ki Murashige suscitò la rivolta contro un altro signore feudale, Oda Nobunaga. Ukon si trovò nel dilemma di scegliere a quale dei due signori sottostare. Per dimostrare la sua fedeltà ad Ara- ki, gli aveva dato in ostaggio la sorella e il figlio maggiore, ma Oda, nel frattempo, lo minacciava di distruggere le chiese e di crocifiggere i padri missionari, se non avesse aperto il castello di Takatsuki. Prima di prendere una decisione, Ukon si ritirò in preghiera e poi fece qualcosa di inconcepibile per un guerriero: invece di gettarsi nella battaglia, cercò di limitare le perdite il più possibile e di risolvere la questione in maniera pacifica. Presen- tandosi disarmato a Oda, rinunciò a difendere se stesso e si mise completamente nelle mani di Dio10. La presa di coscienza del dilemma in cui si trovava e il senso di impotenza che aveva sperimentato fecero crescere in lui la fiducia in Dio, rendendolo sempre più capace di rinunciare alla sua posizione, e al suo onore e alla sua esistenza stessa. Lo trasformarono da uomo abituato a lottare come un eroe fino alla morte in un uomo disposto a offrire se stesso per gli altri, capace di amare secondo l’esempio di Gesù Cristo. Grazie a questa sua seconda conversione, Justus Takayama Ukon divenne un missionario che riusciva a convincere non soltanto con le parole e con le opere esteriori, ma anche con la condotta di vita. Così dava onore al suo nome, «Giusto», con cui a dodici anni era stato battezzato. A motivo di questa sua testimonianza, i pagani chiamarono il cristianesimo la «legge di Takayama». 10. Cfr «Relazione del p. Pedro Morejon sulla vita di Justus Takayama Ukon», in Jap. Sin. 46, ff. 365-374 (Archivum Historicum Societatis Iesu).